Nel gergo comune, molto spesso si sente dire che il cervello è eccezionalmente plastico. La neuroplasticità, o plasticità cerebrale, si riferisce alla capacità del cervello di cambiare, di modificarsi, nel corso della vita. Il cervello umano ha la straordinaria capacità di riorganizzarsi formando nuove connessioni tra le cellule cerebrali (neuroni). Oltre ai fattori genetici, l’ambiente in cui vive una persona, così come le azioni di ogni persona, svolgono un ruolo significativo nella plasticità.

La neuroplasticità si verifica nel cervello:

1) All’inizio della vita: quando il cervello immaturo si organizza;
2) In caso di lesione cerebrale: per compensare le funzioni perse o massimizzare le funzioni rimanenti;
3) Durante l’età adulta: ogni volta che qualcosa di nuovo viene appreso e memorizzato.

PLASTICITA’, APPRENDIMENTO E MEMORIA

Per molto tempo si è creduto che invecchiando, le connessioni nel cervello create e consolidate nel corso dell’esistenza, semplicemente svanissero. La ricerca ha dimostrato che in realtà il cervello non smette mai di cambiare attraverso l’apprendimento. La plasticità è la capacità del cervello di cambiare con l’apprendimento. I cambiamenti associati all’apprendimento si verificano principalmente a livello delle connessioni tra i neuroni: si formano nuove connessioni e la struttura interna delle sinapsi esistenti cambia. 

Quando ad esempio qualche individuo diventa un esperto in un dominio specifico della sua vita, le aree del cervello che si occupano di questo tipo di abilità crescono in proporzione. Ad esempio, i tassisti di Londra hanno un ippocampo più sviluppato (nella regione posteriore) rispetto ai conducenti di autobus della stessa città. Perché? Questa regione dell’ippocampo è specializzata nell’acquisizione e nell’uso di informazioni spaziali complesse per muoversi in uno spazio composito in modo efficiente. I tassisti devono spostarsi per Londra in maniera estremamente tentacolare, mentre i conducenti di autobus seguono una serie limitata di percorsi.

La plasticità può essere osservata anche nel cervello dei bilingui. Sembra che l’apprendimento di una seconda lingua sia possibile attraverso i cambiamenti funzionali nel cervello: la corteccia parietale inferiore sinistra è più grande nei cervelli bilingue rispetto a quelli monolingue.

Altro esempio importante è la plasticità cerebrale individuabile nel cervello dei musicisti rispetto ai non musicisti. Gaser e Schlaug hanno paragonato musicisti professionisti (che praticano almeno un’ora al giorno) a musicisti dilettanti e non musicisti. Hanno scoperto che il volume della materia grigia (corteccia) era più eminente nei musicisti professionisti rispetto ai non musicisti in diverse aree del cervello coinvolte nella riproduzione di musica: regioni motorie, aree parietali superiori anteriori e aree temporali inferiori.

Infine, Draganski e colleghi hanno recentemente dimostrato che l’apprendimento approfondito di informazioni astratte può anch’esso innescare alcuni cambiamenti plastici nel cervello. Gli studiosi hanno resaminato il cervello di alcuni studenti di medicina tre mesi prima del loro esame e subito dopo lo stesso e li hanno confrontati con il cervello di studenti che non stavano studiando per alcun esame, nello stesso arco di tempo. Il cervello degli studenti di medicina ha mostrato cambiamenti indotti dall’apprendimento nelle regioni della corteccia parietale e nell’ippocampo posteriore. Queste regioni del cervello sono note per essere coinvolte nel recupero e nell’apprendimento mnemonico.

PLASTICITA’ E LESIONI CEREBRALI

Una conseguenza sorprendente della neuroplasticità è il fatto che l’attività cerebrale associata a una data funzione può effettivamente “spostarsi” in una posizione diversa del cervello, come conseguenza dell’esperienza o del danno cerebrale.

Nel suo libro “The Brain That Changes Itself: Stories of Personal Triumph from the Frontiers of Brain Science”, Norman Doidge descrive numerosi esempi di cambiamenti funzionali. In uno di essi, un chirurgo sulla cinquantina subisce un ictus. Il suo braccio sinistro è paralizzato. Durante la riabilitazione, il suo braccio e la sua mano sani vengono immobilizzati mentre il compito assegnatoli è quello di pulire i tavoli della mensa. Il compito è inizialmente impossibile. Poi, lentamente, il braccio malato si ricorda di come ci si muove e il paziente reimpara di nuovo a scrivere, a giocare di nuovo a tennis: le funzioni delle aree cerebrali distrutte dall’ictus si erano “trasferite” in regioni sane! Il cervello compensa i danni riorganizzando e formando nuove connessioni tra neuroni intatti. Per riconnettersi, i neuroni devono essere stimolati attraverso l’esperienza e la pratica.

Riferimenti

Goldberg, A.Fernandez, P. Michelon, M. Pavel, G. Cavanaugh, S. B. Chapman. The SharpBrains Guide to Brain Fitness: How to Optimize Brain Health and Performance at Any Age. SharpBrains. 2013.