Silvia si è svegliata tranquilla però più tardi del solito, pur avendo un importante appuntamento in ufficio a cui rischia ora di non arrivare in tempo. Resasi conto del problema, ancora nel dormiveglia si infila sotto la doccia, fa colazione in fretta e si veste. Mentre beve il caffè prende il telefono alla ricerca di un taxi.

L’operatore la informa che non ci sono vetture disponibili. Silvia avverte una tensione al torace, una sorta di peso che le comprime lo sterno e che si estende fino alla radice delle braccia, sente il respiro che si fa più corto e il suo battito cardiaco più frequente: così Silvia percepisce l’ansia. Si precipita per strada per aumentare la probabilità di trovare un taxi, ma non ne passa alcuno quindi inizia a camminare velocemente. Prende un autobus che le fa guadagnare un po’ di tempo ma non le risolve il problema, il lavoro dista ancora qualche km.

Dopo un po’ ecco che trova un taxi; salta su velocemente e si dirige verso l’ufficio senza che nel tragitto quella tensione al torace si allenti. Giunge di fronte l’ingresso dell’ufficio, guarda l’orologio e si rende conto che mancano ancora pochi minuti al suo appuntamento. Ce l’ha fatta ad arrivare in tempo! Come per incanto quella oppressione sparisce, così riordina le idee per il suo incontro mentre si avvia sicura verso la sala riunioni.

Analizziamo insieme quello che è successo.
Silvia guarda l’orologio e si rende conto che è tardi: la significatività di questo ritardo nasce dall’incontro fra l’aspettativa di Silvia di essere puntuale all’appuntamento e il fatto di avere meno tempo a disposizione per arrivare in tempo all’ufficio. Proprio il realizzare che è tardi cambia le sue possibilità di agire, il significato del ritardo corrisponde a un mutamento del suo modo di sentirsi e nello stesso tempo al manifestarsi del mondo in termini di nuove possibilità d’azione (e di ostacoli alla loro realizzazione) per giungere in orario. Per questo le sue condotte assumono il carattere di urgenza.

Il primo intoppo sorge quando non riesce a trovare il taxi, come se questa indisponibilità facesse apparire delle nuove possibilità ambientali (affordances) che obbligano Silvia a rivedere il significato incarnato della situazione in corso, generando così una nuova serie di condotte praticabili.

Al rivelarsi del mondo in termini di impedimenti, Silvia risponde cioè con una sorta di rimappatura (re-mapping) del contesto sotto forma di possibilità d’azione ancora più impellenti, ma anche più incerte, in quanto è più incombente la possibilità di non giungere in orario. L’ansia sembrerebbe quindi prefigurare una serie di azioni e percezioni possibili e contemporaneamente la possibilità del loro fallimento.

Emozioni – muoversi da.

Questa nuova situazione emotiva, l’ansia appunto, è ciò che spinge Maria a scendere per strada alla ricerca di un taxi; l’ansia diventa più forte man mano che le aspettative si affievoliscono. Infatti, essa permane ancora durante il tragitto verso l’ufficio, salendo ad esempio sull’autobus, come se questa emozione orientasse il procedere di Silvia.

L’oppressione sparisce solamente quando, giunta sul posto di lavoro, guarda l’orologio. E con il dileguarsi dell’ansia svanisce una geografia di rilevanze che aveva caratterizzato fino a qualche minuto prima l’apparire del mondo. La calma che subentra corrisponde a una serie di nuove possibili condotte e nello stesso tempo al manifestarsi di una serie di diversi elementi significativi della situazione in corso che permettono o meno le nuove possibilità di senso.

Dall’analisi di questo episodio, che solo indirettamente coinvolge la presenza di altre persone, secondo Arciero & Bondolfi (2012) sembrerebbe che l’e-mozionarsi (e-motioning) corrisponda, proprio come vuole l’etimologia latina della parola, al muoversi da (motioning from) un certo contesto attraverso la generazione di un rinnovato ventaglio di azioni e percezioni possibili e quindi di possibili nuove forme di coinvolgimento efficace con l’ambiente.

L’emozionarsi sembrerebbe così una variazione continua di un modo di sentirsi situati, connessa a nuove possibilità d’azione; un continuo riorientarsi in relazione all’evolversi dei contesti che si rimodula nell’impegno concreto, anziché esaurirsi in un’attivazione assimilabile a un atto riflesso, causa-effetto. Le emozioni aggiungono, quindi, una specie di sesto senso alla nostra esistenza cosciente.

Le strutture cerebrali legate alle emozioni.

Tra l’altro, le strutture che formano il nucleo dei sistemi generanti le emozioni nel cervello, coincidono con quelle che producono il nostro stato di fondo di coscienza. Queste strutture sono molto antiche da un punto di vista filogenetico e giacciono nelle regioni profonde del cervello, ossia nelle zone mediali e superiori del tronco encefalico.
Le strutture cerebrali in questione, considerabili più importanti, sono:

Sono stati Lane e i suoi collaboratori (1997, 1998) a fornire l’evidenza che i correlati neuronali della consapevolezza emotiva includono l’attività della corteccia cingolata anteriore che tuttavia, insieme alle altri parti del sistema limbico tra le quali l’amigdala, non operano in modo isolato, ma sono funzionalmente interconnesse con le aree cerebrali superiori.

E-mozionarsi nel mondo.

Appare evidente come sia solamente a partire dalla situazione in cui effettivamente si è che ci si sente in un modo o nell’altro ed è solamente a partire da quella condizione in cui ci troviamo che vediamo le possibilità in base alle quali ci sentiamo situati. Per tornare all’esempio, è a partire dalla comunicazione della non disponibilità del taxi che Silvia avverte la tensione toracica ed è a partire da questa condizione che essa vede con ancora più urgenza sia le azioni possibili che le possibilità di fallimento, ed è così che si sente situata.

Il fatto cioè di essere in un certo stato emotivo riguarda sempre un modo di trovarsi in una certa situazione e un modo di disporsi in relazione a quella circostanza. Il carattere fondamentale dell’emozionarsi consiste proprio in questa struttura per cui un modo di sentirsi si riferisce a una situazione e reciprocamente la situazione mostra la sua significatività illuminandosi secondo un modo di sentirsi.

È questa esperienza che ha fatto parlare Sartre (1939) dell’emozione quasi come di un atto magico che permette di trasformare il mondo «per il semplice fatto che l’apprensione di un oggetto è impossibile o genera una tensione insostenibile [..] la coscienza (spontanea/preriflessiva) lo coglie o tenta di coglierlo diversamente, e cioè si trasforma, proprio per trasformare l’oggetto».

Allo stesso modo Heidegger quando parla di emozioni usa il termine tedesco Stimmung, un condensato del concetto di “armonizzare” e di quello di “temperare”, praticamente nello specifico intraducibile, ma che significa e mette insieme: atmosfera, melodia, sentimento (Caputo, 2001). Da ciò appare chiaro come non sia classificabile né come ambito meramente soggettivo (legato all’interiorità) né come dimensione puramente oggettiva.

Nel senso di “armonizzare”, indica una con-sonanza, un suonare insieme, un vibrare all’unisono di corde diverse, a formare un accordo in questo caso, tra la persona e il resto del suo mondo. Come anche nel senso di “temperare”, parola di origine latina che significa mescolare, addolcire, mescere in misura conveniente, mitigare, portare equilibrio.

Si desume da ciò come le Stimmungen (tonalità emotive) siano un «come» dell’essere nel mondo di ognuno con gli altri, un modo “dell’essere insieme”. Non possiamo parlare di una sofferenza o di un piacere solo nostri, non possiamo evitare che “un nostro sentire” diventi un ponte tra noi e gli altri e viceversa.

I “giudizi del corpo”.

Risulta importante sottolineare, al contempo,  che l’essere mio dell’esperienza emotiva certamente non può riguardare soltanto la persona emozionata, come se nel mondo ognuno di noi fosse solo e tutto il resto (persone, cose) non esistesse, ma non si può neanche affermare che l’esperienza emozionale umana non sia contemporaneamente intrecciata a una storia personale e ad una predisposizione fisica dell’individuo. Ogni uomo è anche corpo, che si emoziona in un certo modo piuttosto che in un altro. È evidente che l’esperienza emozionale è fortemente connessa alla percezione dei segnali corporei.

Le emozioni riflettono, quindi, quei cambiamenti del nostro corpo che sono comunicati alle strutture di monitoraggio somatico del nostro cervello, non solo attraverso canali specifici di elaborazione delle informazioni, ma anche attraverso i meccanismi meno sofisticati di trasporto chimico della corrente ematica e della circolazione del fluido cerebrospinale.

Queste strutture di monitoraggio somatico, a loro volta, trasmettono i messaggi in uscita ampiamente e diffusamente attraverso tutto il prosencefalo, esercitando pertanto un effetto globale, un’azione di massa sui canali di elaborazione delle informazioni della coscienza. Le emozioni svolgono quindi una funzione di coordinamento tra la persona e il mondo esterno e organizzano la percezione, il pensiero, la memoria, la fisiologia, le interazioni sociali, i comportamenti.

Questo incontro, tra il coinvolgimento sociale e pratico e la storia singolare e il corpo di chi si emoziona (emoter) permette all’individuo di riorientarsi di volta in volta nel mondo cogliendone gli elementi di significatività e le rilevanze, generando le possibilità d’azione e le conseguenti sensazioni corporee più accordate e opportune rispetto ai contesti emergenti.

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