Si chiamano fibromialgia, endometriosi e depressione e sono nemici silenziosi che colpiscono le donne. Se n’è discusso al Palazzo Alvaro venerdì scorso 14 febbraio 2020, nel corso di un convegno organizzato dalla Commissione Pari Opportunità della Città Metropolitana.

“Credimi. Il silenzioso dolore delle donne: depressione perinatale e post partum, fibromialgia ed endometriosi”, organizzato dalla Commissione Pari Opportunità della Città Metropolitana, presieduta da Laura Bertullo, con il sostegno dell’Associazione reggina fibromialgia e dell’Unione nazionale consumatori settore società.

C’erano anche Caterina Belcastro, consigliere della Città metropolitana con delega alle pari opportunità, con la testimonianza dell’attivista per i diritti delle donne affette da endometriosi Vania Mento, Laura Sambo medico specializzato in ginecologia e ostetricia, omeopata, Menita Crucitti, psicologa e psicoterapeuta e Angelo Scordo, psicologo e psicoterapeuta.

Depressione perinatale e post partum, la terapia

«La depressione peripartum – spiega Scordo – colpisce circa 60mila persone donne italiane all’anno. Ha un’invadenza tale da investire l’intero nucleo familiare; ciò che passa sotto traccia è la vera e propria sofferenza che la donna vive considerando che questa ha importanti conseguenze anche sui bambini».

Cosa fare in questi casi? «L’occhio maschile può dare concretezza ad una patologia che va chiamata così a tutti gli effetti in quanto molte volte le donne credono si tratti di un momento di sofferenza passeggera, dovuta al parto.

Si può agire con la psicoterapia che si è dimostrata efficace nella remissione clinica e nella prevenzione delle ricadute, soprattutto se coinvolge l’intero nucleo familiare a cui si suggeriscono strategie di adattamento e sostegno reciproco. Nei casi gravi, un supporto di tipo farmacologico con antidepressivi è necessario. Potete comprendere però la situazione di difficoltà che si genera poiché vanno assunti dei farmaci durante la gravidanza o l’allattamento, condizioni molto sensibili a livello organismico sia per la madre che per il neonato.

Le principali associazioni che si occupano a livello mondiale di questa tematica stanno facendo una campagna incredibile per cercare di aumentare gli screening ed individuare l’eventuale problema in maniera precoce. È chiaro che tutto deve partire dalle persone che sono in sofferenza. La scarsa consapevolezza del disturbo, lo “stigma” della malattia mentale rappresentano, infatti, i principali motivi del mancato riconoscimento dello stato psicologico e della scarsa propensione alla richiesta di aiuto. L’essere una madre “incapace”, percepirsi in tal modo è poi per la donna un aggravante, una colpa indelebile e una debolezza da nascondere alla comunità. ma è proprio questo l’inizio di un circolo vizioso che non fa altro che amplificare il livello di sofferenza di fronte ad una esperienza che rivoluziona la vita, come la maternità».

Endometriosi e Fibromialgia, il silenzio del dolore

Tra i mali silenziosi e sottovalutati c’è l’endometriosi che comincia con i dolori mestruali. al di là del dolore normale, può essere il campanello d’allarme. Questo è un dolore invalidante che si estende a tutti i giorni del ciclo. si confonde con un colon irritabile, o si possono avere dolori al nervo sciatico. È una malattia molto complessa.

Un titolo emblematico, “Credimi«Perchè – spiega Laura Sambo – a volte non si crede alle parole delle donne, a scuola, a scuola di danza, dal datore di lavoro. Invece l’endometriosi è molto grave come malattia, subdola, non ci pensa mai nessuno. Soprattutto se non compresa all’inizio. Invece prima si fanno le indagini per escluderla e poi si pensa ad altro. L’importante è curare le ragazzine, dalla prima mestruazione, le donne mature che vogliono avere figli. Serve che la donna abbia consapevolezza e autocoscienza del problema e possa migliorare con le terapie d’appoggio».

Della sensibilizzazione a quelle patologie che hanno incidenza prevalente nelle donne ha parlato Menita Crucitti che collabora con l’associazione reggina di fibromialgia sottolinea «la difficoltà di queste donne ad essere riconosciute ed ascoltate nella loro malattia che essendo una malattia non riconoscibile dal punto di vista fisico e di indicatori medici, sovente viene sottovalutata».