La memoria è forse l’abilità cognitiva che più incuriosisce e più preoccupa nello stesso tempo, soprattutto superata la mezza età, quando diventa frequente sentirsi dire che essa non è più la stessa e che quello riportato è un cambiamento normale. Il processo di memoria è così importante per l’essere umano non solo perché è la base di tutti i compiti che richiedono apprendimento, ma anche perché è essenziale per la costruzione della propria identità personale. Da un lato, infatti, la memoria conserva la connotazione emotiva della nostra esperienza, e dall’altra i ricordi episodici sono fondamentali per la progettazione di sé nel futuro (NEPSI, 2019).

I PROCESSI DI ELABORAZIONE MNESTICA

La letteratura scientifica descrive tre fasi principali dei processi di elaborazione mnestica: la fase di codifica, la fase di ritenzione e la fase di recupero. Sebbene non si tratti di stadi necessariamente separati e in sequenza, essi rappresentano l’intero processo dell’elaborazione mnestica.

  1. Fase di codifica: si riferisce al modo in cui l’informazione viene inserita in un contesto di informazioni precedenti. Tale nuova informazione viene trasformata in un codice che la memoria riconosce. Il processo di codifica viene influenzato da diversi fattori, tra cui sia le caratteristiche dello stimolo che fattori emotivo-cognitivi-motivazionali del soggetto;
  2. Fase di ritenzione: in questa fase il ricordo viene consolidato e stabilizzato in una condizione stabile e a lungo termine;
  3. Fase di recupero: consiste nel recuperare l’informazione e il ricordo dalla memoria a lungo termine alla memoria di lavoro affinchè venga utilizzata.

In questa ultima fase le tracce mnestiche (Tulving, 1983) sono disposizioni che vengono riattivate quando è presente un adeguato indizio o stimolo di richiamo: maggiore è la somiglianza tra gli indizi di codifica e gli indizi di recupero, maggiore sarà la probabilità di riportare un ricordo alla consapevolezza. Viceversa un ricordo può rimanere disponibile ma non accessibile. Infatti, la traccia mnestica di un ricordo e l’informazione che funge da richiamo devono presentare una relazione associativa oppure una sovrapposizione di informazioni (Legrenzi, Papagno, Umilta’, 2012).

L’intero processo di elaborazione mnestica nelle sue diverse fasi può essere influenzato da diversi fattori attentivi e motivazionali, dalla profondità di elaborazione dello stimolo in fase di codifica, nonché dalla rilevanza emotiva dello stesso stimolo, dall’umore e dallo stato emotivo del soggetto.

RI-CORDARE

Immaginiamo di essere appena usciti da un concerto insieme agli amici. Mentre ci allontaniamo dal teatro, ripercorriamo con la mente alcune note da poco ascoltate che ci hanno particolarmente colpito, diventano motivo i dialogo.

Il brano scorre di nuovo nella nostra testa, riportando in vita, «rianimando», il vissuto originale, che torna in qualche modo a farsi presente. Così facendo, sperimentiamo un tratto tipico e familiare della memoria, ossia la sua capacità di instaurare un particolare legame con una percezione passata. Un legame che il linguaggio ordinario esprime utilizzando il prefisso ri-, contenuto nella parola ri-cordare. Per dirla con Ricoeur, «questo “ri” […] [esprime] un fenomeno di “corrispondenza”, la differenza non è di contenuto, ma del momento in cui rievochiamo lo stesso (è sempre la stessa melodia prodotta e poi riprodotta)» (Ricoeur, 1988).

Questa possibilità di presentare lo stesso contenuto attraverso numerosi ri-cordi è forse il tratto distintivo della memoria, e risulta fondamentale sotto diversi aspetti. Nelle ore e nei giorni successivi al concerto, ad esempio, possiamo tornare nuovamente sui passaggi del concerto, compiendo la stessa operazione rammemorativa: avremo così diversi ricordi della melodia in questione. Riportandola alla mente la melodia riapparirà sempre come qualcosa d’individuale, con una ben precisa collocazione temporale (invariata, nonostante i molteplici ricordi). Essa, per così dire, trova la sua collocazione nel passato attraverso la rimemorazione.

Quello che ci interessa notare in questa descrizione è il significato primo della ritenzione, ovvero una coscienza originaria del passato. La ritenzione, ci dice Husserl, non va scomposta in due componenti (apprendimento/codifica, da una parte, e contenuto appreso, dall’altra), come avveniva in precedenti paradigmi. Nella ritenzione, al contrario, il passato può essere, per usare le parole di Husserl, «direttamente guardato».

Husserl conferisce alla ritenzione una portata decisiva rispetto all’intero processo: non concepisce la ritenzione come una «modificazione» di un certo contenuto, in cui i dati impressionali si conservano realmente soltanto in forma modificata; al contrario, essa è una intenzionalità con un suo carattere specifico. La ritenzione “offre” presentativamente il passato, e altrettanto presentativamente sembra offrire l’identità come fosse un’impressione originaria (la quale non è più disponibile «in carne ed ossa» ma è come averla a disposizione).

All’interno di questo contesto, la ritenzione si costituisce così come l’unica e originaria porta d’accesso al passato e, al contempo, come l’unica garanzia della identità con l’impressione originaria. Analizzando questi fenomeni, Husserl riconosce che la memoria gioca un ruolo di primo piano nei processi d’individuazione e identificazione. La memoria, concepita da molti come una semplice “raccolta di informazioni”, è dunque essenziale per la costituzione non solo dell’individualità, ma anche dell’oggettività propria dell’esperienza (Bernet, 1994).

RAPPRESENTAZIONI, SCHEMI E IDENTITÀ

Stando alle ricerche di Cristina M. Alberini e Joseph E. LeDoux (2013), la memoria contribuisce in modo significativo alla formazione della personalità e del carattere umano, quindi capire come i ricordi vengono formati, consolidati, recuperati e aggiornati potrebbe potenzialmente influire su molte aree della vita umana, inclusa soprattutto quella della salute mentale.

Se è vero che l’apprendimento sta alla base del comportamento e della stessa identità di un individuo, allora la formazione, l’archiviazione (consolidamento) e la rievocazione dei ricordi, a cui segue il riconsolidamento della memoria, sono meccanismi fondamentali da cui potrebbe tanto dipendere un funzionamento “normale” e adattivo dell’individuo, quanto un funzionamento compromesso. Effettivamente, in linea anche con il pensiero cognitivista, per certi aspetti siamo ciò che ci raccontiamo.

Un fatto, anche se insignificante, si ricorda maggiormente se è avvenuto in collegamento con un evento emozionalmente rilevante. Questi dati comportamentali hanno una loro base cellulare. Si è osservato che nell’ippocampo stimoli ripetuti di una certa intensità o stimoli leggeri associati a stimoli intensi producono modificazioni cellulari nei circuiti nervosi che permangono per lungo tempo. È la cosiddetta long term potentiation (LTP), posseduta da ciascuna delle tre vie sinaptiche principali dell’ippocampo (via delle fibre perforanti, via delle fibre muscoidi, via delle fibre collaterali di Schaffer) e che sembra essere alla base dell’esperienza mnemonica.

La nostra identità in termini riduzionistici appare come un insieme di informazioni quali nome, cognome, residenza, professione, abilità, storia di vita, discendenza e così via, che dal punto di vista della psicobiologia non sono altro che ricordi posizionati nel loro cantuccio cerebrale e che, presi nel loro insieme e “raccontati” dal soggetto a sé stesso, vanno a generare quel senso consapevolezza di sé che ognuno di noi ha.

Il modello di Husserl, che vede l’identità come presentativa, verrà esteso in altri studi, anche al ricordo. In una formulazione in qualche modo riassuntiva, Husserl afferma:

Così come io, nella percezione, vedo l’essere adesso (das Jetztsein erschaue) […] allo stesso modo nel ricordo vedo (erschaue), nella misura in cui esso è primario, il passato. Esso vi è dato, e datità del passato è memoria (Gegebenheit von Vergangenheit ist Erinnerung) – la datità originaria come memoria primaria, la ri-datità, come ricordo. (Husserl, 1966).

In questo modo la memoria, intesa sia come ritenzione che come ricordo, assume un nuovo ruolo fondamentale, in quanto si fa garante dell’identità con l’impressione originaria e portatrice della stabilità e durata dell’esperienza temporale. È al suo interno che lo stesso si costituisce.

La memoria è un processo paradossalmente ancora non del tutto noto nel percorso scientifico. Quanto detto in questo articolo sono conoscenze dialettiche date dall’esperienza quotidiana clinica ma anche dagli importanti studi del filosofo tedesco.

Riferimenti

Alberini, C. M., & LeDoux, J. E. (2013). Memory reconsolidation. Curr Biol. 2013 settembre 9;23(17): R746-50. doi: 10.1016/j.cub.2013.06.046.
Bernet, La vie du sujet. Recherches sur l’interpretation de Husserl dans la phénomenologie, Presses universitaires de France, Paris 1994, p. 237
Husserl, Zur Phänomeologie des inneren Zeitbewusstseins (1893-1917), hrsg. v. R. Böhm, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1966, [HUA X, trad. it. Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917), a cura di A. Marini, Franco Angeli, Milano 1981]
Legrenzi, P., Papagno, C., Umilta’, C. (2012). Psicologia generale. Da cervello alla mente. Il mulino, Bologna
NEPSI, 2019. Breve guida all’esplorazione del cervello e delle funzioni cognitive. www.nepsi.it.
Ricoeur, Tempo e Racconto, vol. 3, Jaca Book, Milano 1988, pp. 52-53.
Tulving, E. (1972). Episodic and Semantic Memory, in Tulving E. e Donaldson W. (eds.) Organization of Memory, Academic Press, New York.